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IL GIUOCATORE 261

Arlecchino. Mezzo per parte.

Primo Servitore. (Oh che babbuino! Quei denari son miei sicuramente). (da sè, taglia e sfoglia)

SCENA XVIII.

Florindo e detti.

Florindo. Via di qua. (ad Arlecchino) (I due servi che puntano, si scostano dal tavolino.)

Arlecchino. Me devertisso. (a Florindo)

Primo Servitore. Perdoni, illustrissimo, anderemo via.

Florindo. No, no; voi fermatevi. Andate via di qua, vi dico. (li due servitori partono)

Florindo. Animo, pezzo d’asino. Bella cosa! Il vizio del giuoco? Se giuocherai, ti licenzierò. Un servitore che giuoca, non bada al servizio e ruba al padrone.

Arlecchino. E un patron che zoga, el strapazza el povero servitor e qualche volta el ghe roba el salario. (parte)

SCENA XIX.

Florindo, il Servitore del casino, poi Lelio e Tiburzio.

Servitore. Illustrissimo, anderò via.

Florindo. No. Vada un punto.

Servitore. Oh, vuol degnarsi di giuocar con me?

Florindo. Il dieci, a uno zecchino.

Servitore. Come comanda. Dieci, a un zecchino. (taglia)

Florindo. Presto, avanti che venga gente.

Servitore. Dieci, ella ha vinto. Ecco un zecchino.

Florindo. Rivada il dieci.

Servitore. Vada pure. (giuocando)

Florindo. Eccolo, ho vinto.

Servitore. Ah, pazienza! Mi ha rovinato.

Florindo. Il tre, al banco.