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IL GIUOCATORE 257

Lelio. Si potrebbono fare.

Florindo. Ehi, chi è di là? (chiama)

Servitore. Comandi?

Florindo. Non si è veduto nessuno di quelli che ho mandato a invitare?

Servitore. Sono venuti tutti; hanno aspettato un pezzo, e vedendo che ella non veniva, sono andati via.

Florindo. Sono andati via? Ma è tardi molto?

Servitore. Anzi tardissimo.

Lelio. Anche noi siamo andati e tornati.

Florindo. Compatitemi; basta, se non vi è nessuno, mangeremo da noi.

Servitore. Comanda che si bagni la zuppa?

Florindo. Sì, bagnatela bel bello, e frattanto che la zuppa si prepara, noi faremo due tagli. Portate un mazzo di carte.

Servitore. Io non ho le chiavi, e messer Brighella è in cantina.

Florindo. Grand’asino è quel Brighella!

Tiburzio. Se volete far due tagli, vi darò io un mazzo di carte.

Florindo. Sì, sì, date qua. Va via, e quando è in tavola, avvisaci. (al servitore)

Servitore. (Giuocherebbe la sua parte del sole). (da sè, parte)

Florindo. Animo, in piedi, in piedi. Ecco qui venti o trenta zecchini; puntate. (fa il taglio)

Lelio. Fante.

Tiburzio. Sette.

Florindo. Per carità non mettete il sette.

Tiburzio. Via, voglio compiacervi. Tre1.

Lelio. Fante, ho vinto; paroli.

Florindo. Va subito.

Tiburzio. Tre; ho vinto. Tre, al resto della banca.

Florindo. Vada. Oh maledetto tre! Eccolo subito! (in seconda)

  1. Nelle edd. Savioli e Zatta l’ordine del dialogo segue diversamente: «Fior. Va subito. Lelio. Fante ecc. Tib. Tre ecc.».