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256 | ATTO SECONDO |
Rosaura. Non so che ve ne sieno.
Gandolfa. Io, che cosa sono?
Rosaura. Voi?
Gandolfa. Signora sì, io.
Rosaura. Voi?
Gandolfa. Io.
Rosaura. Sapete chi siete?
Gandolfa. Chi sono?
Rosaura. Una vecchia senza giudizio. (parte)
Gandolfa. Fraschettuola! Mi voglio maritare per farti dispetto: se ho degli anni assai, ho anche assai denari: i giovani che hanno giudizio, pensano ai denari e non pensano alla gioventù. Oh, mi dirà qualcheduno, se il marito vi prende per i denari, vi strapazzerà. Son vecchia, ma non son poi decrepita. Sono ancora colorita in faccia, ho della carne su le ossa, e poi per istar meglio, se avrò qualche incomodo, prenderò le pillole, e guarirò. (parte)
SCENA XIII.
Camera da giuoco nel casino.
Florindo solo, poi Lelio, Tiburzio e Servitore.
Florindo. Fino che non mi sono rifatto della mia perdita, è impossibile ch’io ritrovi quiete. Amo Rosaura, ma questa volta la passione del giuoco supera quella dell’amore. Con questi cinquanta zecchini mi posso riscattare, se la fortuna lo vuole; e quella buona vecchia che me li ha dati, può essere che sia la mia redentrice. Se guadagno, se mi rifaccio, a quella povera vecchia voglio fare due finezze per gratitudine.
Lelio. Signor Florindo, vedete se siamo di parola?
Florindo. Bravi, bravissimi.
Tiburzio. Siamo qui a godere delle vostre grazie.
Florindo. Mi avete fatto piacere. Aspetto degli altri amici, ma non li vedo ancora arrivare. Frattanto che vengono e si mette in tavola, potremmo far due tagli.