Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/268

254 ATTO SECONDO

Florindo. Tutte vostre.

Gandolfa. Ah furbetto! mi burlerete.

Florindo. No, cara signora Gandolfa, non vi burlerò. (Mi sento che non posso più). (da sè)

Gandolfa. Volete li cinquanta zecchini?

Florindo. Non vedo l’ora d’averli.

Gandolfa. Che cosa poi ne farete?

Florindo. Ho da depositarli per una lite.

Gandolfa. Ah, voi li giuocherete.

Florindo. Non vi è pericolo.

Gandolfa. Voi li giuocherete.

Florindo. Orsù, vado via.

Gandolfa. Fermatevi, aspettate, prendete; per voi mi cavo un gallone, (si leva dal fianco un rotolo, con dentro delli zecchini) (Ah, mi piange il cuore, mi porta via le viscere. Ma Florindo è tanto leggiadro, che non posso far a meno di consolarlo). (da sè)

Florindo. (La vecchina ci è cascata. Non vedo l’ora di poter giuocare e rifarmi). (da sè)

Gandolfa. Florindo. (con qualche mestizia)

Florindo. Signora.

Gandolfa. Ah! Questi sono li cinquanta zecchini.

Florindo. Oh cara mamma!

Gandolfa. Prendete. (Mi vien voglia di piangere). (da sè)

Florindo. Vi sono tanto obbligato.

Gandolfa. Via, mi fate una finezza?

Florindo. Volentieri. Oh, ecco vostra nipote.

Gandolfa. Dove?

Florindo. Ecco la signora Rosaura.

Gandolfa. Venite qua, sentite.

Florindo. Un’altra volta.

Gandolfa. Venite qua, cane, venite qua.

Florindo. Un’altra volta, un’altra volta. (Eppure è vero, il giuocatore trova sempre denari). (da sè, parte)

Gandolfa. Come! Così mi pianta? Nel più bello va via? Ah poveri miei zecchini!