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IL GIUOCATORE | 249 |
Gandolfa. Certo che mi hanno fatto bene, e dopo che le ho prese, non sento più quella doglia che mi tormentava questa coscia.
Pancrazio. Anch’io con quelle pillole son guarito da tre o quattro mali.
Gandolfa. E il vostro catarro come vi tratta la notte?
Pancrazio. Non mi lascia dormire.
Gandolfa. Oh ancor io, vedete, sto le ore intere senza potere chiuder un occhio; ho un affanno di petto, che mi sento morire.
Pancrazio. Prendete le pillole.
Gandolfa. Mi faranno bene?
Pancrazio. E come! Hanno fatto bene anche a me.
Gandolfa. La gotta vi tormenta più?
Pancrazio. Ah, non vedete? Sono stroppiato. Non mi posso muovere.
Gandolfa. Prendete le pillole.
Pancrazio. Perchè non vi andate a spogliare?
Gandolfa. Sono un poco stanca, non posso salire le scale per andare nella mia camera; quando sarò riposata, anderò. Sediamo un pochino. (siedono)
Pancrazio. Non so se oggi sia freddo, o se mi venga la febbre.
Gandolfa. La febbre! Oh poverina me! Vi sentite male?
Pancrazio. Ho un certo non so che per la vita...
Gandolfa. Vedete? Dovevate prendere le pillole. Lasciate che senta, se siete freddo; no, no, mi pare che piuttosto siate caldetto.
Pancrazio. Sì? Via, via, non sarà nulla.
Gandolfa. In verità che siete caldo.
Pancrazio. Sì, non ho ancora perduti i calori.
Gandolfa. Nemmen io, vedete; ho i miei anni, ma mi conservo.
Pancrazio. Mi parete quella di trent’anni sono.
Gandolfa. E voi non diventate mai vecchio.
Pancrazio. I capelli canuti li avevo di venticinque anni.
Gandolfa. Ed io ho perduti i denti per causa delle flussioni.
Pancrazio. Vi ricordate, eh? trent’anni sono?
Gandolfa. Ah! Già trent’anni? chi ci poteva tener dietro?