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IL GIUOCATORE | 235 |
Florindo. Ora venite?
Brighella. Son andà a comprar della roba.
Florindo. Foste andato a farvi impiccare.
Brighella. Cussì la parla con mi? Cossa gh’oio fatto?
Florindo. Per causa vostra ho perso quattrocento zecchini.
Brighella. Per causa mia? Come?
Florindo. Sì, per causa vostra. Siete andato via; non ho potuto avere altri denari, non mi son potuto rimettere.
Brighella. Se ghe ne dava dei altri, la perdeva anca quelli.
Florindo. Siete una bestia.
Brighella. Ma lustrissimo, non posso più sopportar d’esser strapazzà. Son un galantomo. Oltre el mio debito, la servo da fattor e da mistro de casa, e anca se occorre da staffier, e la me maltratta cussì?
Florindo. Caro Brighella, compatitemi, la passione mi opprime, non so quello ch’io mi dica.
Brighella. E la vol seguitar a zogar?
Florindo. Se posso rifarmi de’ miei quattrocento zecchini, non giuoco mai più.
Brighella. E per refarse de quelli, la perderà quei altri.
Florindo. Non mi fate cattivo augurio. Voi mi avete detto così anche questa mattina, e per questo ho perso.
Brighella. Sì ben, mali auguri, superstizion, tutte cosse da zogadori.
Florindo. Come anderà il pranzo?
Brighella. L’anderà ben, averò speso diese zecchini; anzi, se la me i favorisse, la me farà una finezza.
Florindo. Ve li darò, avete paura che non ve li dia?
Brighella. Ma ghe ne averia bisogno per un mio interesse. (Li vorria avanti che el li perda tutti). (da sè)
Florindo. Adesso non ne ho.
Brighella. Comandela che li toga fora del sacchetto?
Florindo. Signor no. Il sacchetto dei trecento zecchini non si ha da toccare per ora.
Brighella. Ah, la lo vol perder cussì bello e intiero.
Florindo. Non mi parlate di perdere, che vi venga il malanno.