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234 ATTO PRIMO

Florindo. Presto, dico, a cercar Brighella subito. Se non lo trovi, ti rompo la testa con un bastone.

Servitore. Vado subito. (Il giuoco fa diventar tutti diavoli). (da sè, parte)

Florindo. Quando viene Brighella, gli voglio dare dei calci. Se fosse qui, gli getterei un mazzo di carte nel viso.

Lelio. Amico, non v’inquietate. Per ora basta così, giuocheremo un’altra volta.

Florindo. Aspettate un momento. Brighella. (chiama)

Tiburzio. Verremo oggi a ritrovarvi.

Florindo. Venite a pranzo da me.

Lelio. Via, verremo a pranzo con voi.

Florindo. Anche voi, signore. (a Tiburzio)

Tiburzio. Riceverò le vostre grazie.

Florindo. Ma non mancate.

Lelio. Vengo infallibilmente, e giuocheremo.

Florindo. Sì, giuocheremo fino a domani.

Lelio. (Se anderà bene, giuocherò; se anderà male, mi contenterò di questi). (da sè, parte)

Tiburzio. Signor Florindo, a buon riverirla.

Florindo. A pranzo v’aspetto, ma vi prego per grazia, non mettete il sette.

Tiburzio. Non lo metterò. (Quando è riscaldato dal giuoco, tiene il sette, tiene tutto, perde come un disperato). (da sè, parte)

SCENA XIX.

Florindo, poi Brighella.

Florindo. ( Va smaniando per la camera, battendo i piedi, stracciando le carte, buttandosi sul canapè e alzandosi, parlando come segue) Quattrocento zecchini, quattrocento zecchini in tre o quattro tagli? Tutti i punti? Tutti i paroli? Quel maledetto sette! Ma che dico del sette? Il fante! E il cinque! Tutti, tutti! Diavolo, portami; tutti!

Brighella. Me domandavela?