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IL GIUOCATORE 219


questi dugento zecchini non passano tre mesi che ne faccio almen trentamila.

Brighella. El ciel ghe daga la grazia; ma la guarda ben...

Florindo. Non mi fate cattivo augurio.

Brighella. Oh, no digo gnente. (Castelli in aria). (da sè, parte)

SCENA VI.

Florindo solo.

M’impegnerei con dieci zecchini farmi ricco in brevissimo tempo. Basta andar sotto un banco grosso. Metter quattro soli zecchini. Fante a quattro zecchini; se me lo dà, paroli1; subito paroli sono quattro, e quattro otto, e quattro dodici. Sulla seconda tutti ventidue, e paroli; ma no, è troppo; alla pace, alla pace. Sì, alla pace, sono ventidue e ventidue quarantaquattro, e dodici cinquantasei. Sul terzo punto venti zecchini; e se me lo dà, e se il punto è in fortuna, tutti sul quarto taglio. Ma se me lo tiene? Oh, non lo può tenere; dice il proverbio: Si tertia venerit, de quarta non dubitabis. Sono regole infallibili.

SCENA VII.

Rosaura e Colombina mascherate, e detto.

Rosaura. Si può riverire il signor Florindo? (si smaschera)

Florindo. Oh signora Rosaura, voi qui? E chi è quell’altra maschera?

Colombina. Colombina, per servirla. (si smaschera)

Florindo. Ma come a quest’ora? Che favori sono questi?

Rosaura. Sono tre giorni che da me non vi lasciate vedere, ed io, impaziente di rivedervi, vengo in traccia di voi.

Colombina. Guardate se è buona la mia padrona. Correr dietro ad un uomo! Se si principiasse a usare questa bella moda,

  1. Paroli, posta doppia. «Nel giuoco del faraone o della bassetta significa ti doppio di quello che si è giuocato per la prima volta»: G. Boerio, Diz.io del dialetto ven. cit.