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218 | ATTO PRIMO |
Brighella. L’è una maschera donna.
Florindo. Donna? È sola?
Brighella. Veramente le son do: ma credo che una sia la padrona e l’altra la serva.
Florindo. Chi diavolo possono essere?
Brighella. Mi credo che la sia la signora Rosaura colla so camariera.
Florindo. Bisognava dirle ch’io non ci sono.
Brighella. Mo perchè? No èla una, che ha da esser so muier?
Florindo. Sì, e per questo non voleva che mi ritrovasse al casino.
Brighella. Za tutti sa che el zoga. Nol se pol sconder.
Florindo. Ma! Mi par impossibile che sia la signora Rosaura; a quest’ora in maschera una figlia savia e civile? Sua zia, alla quale l’ha data in custodia il signor Pantalone suo padre, non lo permetterebbe assolutissimamente1. Può esser che sia la signora Beatrice.
Brighella. Chi èla mo sta siora Beatrice?
Florindo. Non la conoscete?
Brighella. Mi no, da galantomo.
Florindo. È quella virtuosa di musica, che è venuta a cantare nell’opera tre anni sono, e a mio riguardo ha tralasciata la professione.
Brighella. Ah, l’è quella che ho sentido a dir tante volte che in tre anni averà costà a vussustrissima più de diesemille ducati.
Florindo. Se ho speso qualche cosa per lei, l’ho fatto perchè è una donna assai propria.
Brighella. Sento a chiamar; sarà le maschere. Volela che le fazza vegnir?
Florindo. Fatele venire. Vedremo chi sono.
Brighella. Volela lassar quei bezzi sul tavolin?
Florindo. No, tenete. Questi cinquecento zecchini, in queste due borse, riponeteli; questi dugento li terrò io in tasca.
Brighella. Quelli la li vol perder.
Florindo. Oh, questi hanno a servire per uccel da richiamo. Con
- ↑ Paper.: assolutamente.