Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/230

216 ATTO PRIMO

Florindo. Ma fino che tu stai lì, non vai.

Arlecchino. È verissimo.

Florindo. Dunque parti.

Arlecchino. Partirò.

Florindo. Va subito.

Arlecchino. Adessadesso.

Florindo. Va ora, che ti venga il malanno. (gli dà una spinta, lo fa muovere, e vede in terra li due zecchini)

Arlecchino. (Timoroso per la scoperta.)

Florindo. Amico, quei due zecchini come si trovano lì?

Arlecchino. Mi no so niente da galantomo.

Florindo. Ora capisco, perchè non ti potevi muovere.

Arlecchino. Adesso la capisso anca mi; siccome la calamita tira el ferro, quell’oro el me tirava in t’una maniera, che no me podeva mover de là.

Florindo. Bravo, spiritoso! Briccone, dammi que’ due zecchini.

Arlecchino. Oh! un signor della so sorte, che ha tanti bei zecchini su quel tavolin, el se degna d’una freddura che se trova in terra?

Florindo. Dammeli, temerario.

Arlecchino. Ah! pazenzia. (li leva di terra, e glieli dà)

Florindo. (Finalmente ho vinto, posso anche usare una generosità con costui, che per me ha patito la notte. Questi due zecchini mi saranno caduti in terra). (da sè) Tieni. (ad Arlecchino, dandogli i due zecchini)

Arlecchino. A mi?

Florindo. Sì, a te. Tieni.

Arlecchino. Cossa comandela che ghe ne fazza? (prendendoli)

Florindo. Te li dono.

Arlecchino. Grazie alla so bontà. La me li dona veramente?

Florindo. Sì. Acciò che tu sii attento e fedele.

Arlecchino. L’osserva. Per non saver dove metterli, i metto drente de sta scarpa.

Florindo. Non hai tasche da metterli?

Arlecchino. Le son tutte rotte, li metto qua per no perderli. La