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178 ATTO TERZO

Beatrice. Bisogna vedere se noi la conosciamo questa vostra sposa.

Ottavio. Se la conoscete? La mia sposa è a questa tavola.

Clarice. Come?

Eleonora. A questa tavola?

Ottavio. Senz’altro.

Clarice. Chi è?
Eleonora.

Ottavio. A suo tempo lo saprete.

Eleonora. (Ah, dubito sia la Baronessa!) (da sè)

Clarice. (Sarà donna Eleonora senz’altro). (da ss)

Eleonora. Vorrei dirvi una parola, ma non so come fare, (ad Ottavio)

Ottavio. Con permissione. (si copre il viso dalla parte di Clarice) Non abbiate gelosia. (a Clarice) Son qua, parlate, (ad Eleonora)

Eleonora. (Voi sposerete la baronessa Clarice).

Ottavio. (Se ho intenzione di sposarla, il diavolo mi porti).

Eleonora. (Dunque la sposa son io). (da sè)

Clarice. Signor Conte, potrei io aver la grazia di dirle una parola?

Ottavio. Volentieri. Con vostra buona licenza. (ad Eleonora, e fa lo stesso) Eccomi a voi. (a Clarice) Non prendete ombra. (ad Eleonora)

Clarice. (Lo so, che avete donato il cuore a donna Eleonora).

Ottavio. (Se sposo donna Eleonora, ditemi ch’io sono un cavaliere indegno).

Clarice. (Dunque posso lusingarmi d’essere io la prediletta), (da sè)

Beatrice. Signor cognato, giacchè oggi si costuma parlar nell’orecchio, potrei anch’io dirvi una parola?

Ottavio. Volentieri. Con permissione di queste dame. (s’alza, e va da Beatrice)

Beatrice. (Potrei sapere ancor io chi volete sposare di quelle due?)

Ottavio. (Nessuna).

Beatrice. (Eh via).

Ottavio. (No, da uomo d’onore).

Beatrice. (Ma se dite che la vostra sposa è a questa tavola?)

Ottavio. (È vero).