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IL CAVALIERE DI BUON GUSTO 161

Rosaura. Via, signor Conte, non dite altro.

Ottavio. Oh bella! Vi vergognate anche voi? (a Rosaura)

Rosaura. Non mancherà tempo di discorrere con più comodo.

Eleonora. Il tempo è opportuno, e non si ha da perdere inutilmente. Signor Contino, già lo saprete essere mia nipote la vostra sposa?

Florindo. Un eccesso di giubbilo... m’impedisce che possa dire... quello che per ragione del cuore... vorrei esprimere... (stentatamente)

Rosaura. (Ragazzaccio senza garbo!) (da sè)

Ottavio. Povero collegiale, bisogna compatirlo. Vuol dire che il cuore gli suggerisce delle espressioni di giubbilo, ma la sorpresa fa sì che non può esprimer col labbro quello che concepisce coll’animo.

Rosaura. (Che brio, che sveltezza di dire!) (da sè)

Eleonora. Il signor Contino a poco a poco s’anderà facendo spiritoso e brillante. Sotto un zio di questa sorta non può che riuscire perfettamente.

Florindo. Signora, perdonate la mia confusione, la quale mi fa passare per zotico e male educato. Il mio spirito non suole sì facilmente abbandonarmi, e quando avrò accomodato l’animo mio a trattar colle belle dame, troverò forse i veri termini per corrispondere alle loro finezze.

Ottavio. Bravo nipote! Evviva.

Eleonora. Viva, viva; bravo, bravissimo.

Rosaura. (Parole gettate lì senza grazia). (da sè)

Eleonora. Che dite, Marchesina? Il vostro sposo non è spiritoso?

Rosaura. Spiritosissimo. (con ironia)

Ottavio. Con licenza di lor signore, mi sono scordato domandare una cosa importante a mio nipote. Contino, sentite una parola. (s’alza)

Florindo. Con permissione. (s’alza)

Eleonora. (Che dite? Non è galantino?) (a Rosaura)

Rosaura. (Signora zia, se aveste a scegliere per voi stessa, chi scegliereste, il zio o il nipote?)