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130 ATTO PRIMO


me piace far qualche cosa di più. Godo trattarmi nelle occasioni con qualche magnificenza; amo di farmi voler bene dalle persone, coltivarmi gli amici, godere il mondo, e per ciò fare, mi conviene eccedere le misure del mio patrimonio. Se con imprudenza volessi intaccare i miei capitali, come pur troppo tanti fanno, sarei degno di riprensione, e col tempo mi renderei ridicolo. Ho ritrovato pertanto questa1 miniera. Negozio con voi, e un capitale di quaranta mila ducati mi fa stare allegro, senza alterare il sistema della mia casa, senza sconvolgere l’economia.

Pantalone. Ella xe un cavalier, che l’intende per el so verso. Una volta la mercatura giera el meggio patrimonio delle case nobili. Anca in ancuo2 in qualche città corre sta massima, e el negoziar no tol gnente alla nobiltà. Bisogna uniformarse al sistema del liogo dove se abita, e per el proprio decoro bisogna anca dissimular. Onde la fa benissimo a far che i so bezzi ghe frutta, e el frutto goderlo e devertirse.

Ottavio. Per altro sono assai fortunato, per aver ritrovato in voi un uomo di vera puntualità.

Pantalone. Fazzo el mio debito, e gnente de più. Donca l’aspetta so sior nevodo?

Ottavio. Sì, il Contino mio nipote è uscito di collegio, e si aspetta in Napoli con ansietà, dovendosi stabilire il contratto di nozze fra lui e la marchesina Rosaura.

Pantalone. Un bon parentà. Una putta ricca e unica; me ne consolo infinitamente. Ma la supplico de perdon, perchè no se maridela ella, invece de pensar a so nevodo?

Ottavio. Caro signor Pantalone, voi mi volete poco bene.

Pantalone. Perchè disela cussì?

Ottavio. Se mi voleste bene, non mi consigliereste a maritarmi. Che cosa vorreste ch’io facessi di una donna al fianco?

Pantalone. So pur, che star colle donne no ghe despiase.

  1. Anche in oggi. [nota originale]
  2. Bett.: questa segreta.