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IL CAVALIERE DI BUON GUSTO | 129 |
è una donna curiosa. Pretende farsi rispettar assai per esser superba, e s’inganna di gran lunga. Grandezza di nascita e umiltà di tratto costituiscono il vero merito della nobiltà1.
SCENA VII.
Pantalone e detto.
Pantalone. Servitor umilissimo a Vussustrissima.
Ottavio. Ben venga il mio amatissimo signor Pantalone, sedete qui presso di me.
Pantalone. Come la comanda.
Ottavio. Che cosa abbiamo di nuovo?
Pantalone. Gieri ho vendù le volpe de Moscovia, e avemo vadagnà in sto negozio dusento zecchini, netti da capital e da spese.
Ottavio. Buono, in due mesi non si poteva guadagnare di più.
Pantalone. Se la comanda, gh’ho porta i cento zecchini della so parte.
Ottavio. Sì, date qua. Questi serviranno per fare un miglior accoglimento a mio nipote, che a momenti s’aspetta di ritorno da Roma.
Pantalone. Comandela veder tutto el ziro del negozio, la compra, la vendita e le spese?
Ottavio. Per ora no. Facciamo così. Notiamo che ho ricevuto da voi cento zecchini. Da qui a qualche giorno faremo fra voi e me un poco di bilancio.
Pantalone. (Cava il libro) Co la comanda, sarò sempre pronto. Fin adesso tutti i nostri negozi i xe andai ben. I quaranta mille ducati, che la m’ha dà da negoziar, unidi a altri vinti mille dei mii, i ha buttà pulito.
Ottavio. Vi dirò, signor Pantalone; per vivere da mio pari, e per trattarmi in una maniera conveniente al mio grado, ho rendite sufficienti, e non ho bisogno di procacciarmi profitti; a
- ↑ Bett. e Pap.: il vero carattere di buon gusto.