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98 ATTO TERZO


virtuosa femmina sconosciuta, cui avete ardito insultare. Ecco l’onesta giovine, a cui il temerario vostro nipote ha proferite esecrabili ingiurie. Voi da questo giorno non vi lascierete più vedere da me. Il Cavaliere pagherà il suo ardire altrimenti1.

Miledi. Deh, placate lo sdegno. Se mio nipote vi ha offeso, egli non è lontano, disposto a chiedervi scusa.

Artur. Caro amico, non funestate sì lieto giorno con immagini di vendetta. Ricevete le scuse del Cavaliere.

Bonfil. No, compatitemi2.

Pamela. Milord...

Bonfil. Questo non è il titolo con cui mi dovete chiamare.

Pamela. Caro sposo, permettetemi che in questo giorno, in cui a pro di una femmina fortunata siete liberale di3 grazie, una ve ne chieda di più.

Bonfil. Ah, voi mi volete chiedere, ch’io perdoni al Cavaliere.

Pamela. Sì; vi chiedo forse una cosa che vi avvilisca? Il perdonare è atto magnanimo e generoso, che rende gli uomini superiori all’umanità.

Bonfil. IL Cavaliere ha offesa voi, che mi siete più cara di me medesimo.

Pamela. Se riguardate l’offesa mia, con più coraggio vi pregherò di scordarvene.

Bonfil. Generosa Pamela, in grazia vostra perdono al Cavaliere le offese.

Pamela. Non basta; rimettete nel vostro amore anche la vostra cara sorella.

Bonfil. Sì, lo farò, per far conoscere quanto vi stimi e quanto vi ami. Miledi, tutto pongo in obblio4 per cagione di Pamela. Ammiratela, imitatela, se potete.

Miledi. Caro fratello, potrei imitarla in tutto, fuorchè nel tollerare con tanta bontà gl’impeti della vostra collera.

Bonfil. Perchè i vostri sono peggiori de’ miei.

  1. ’Bett. e Pap.: il suo ardire con la sua morte.
  2. Bett. e Pap. hanno invece: Le riceverò colla spada alla mano.
  3. Bett. e Pap.: profondete le.
  4. Bett.: Tutto mi scordo.