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92 ATTO TERZO

Jevre. Signore, perdonate l’ardire. Posso io sapere chi sia la sposa?

Bonfil. Sì, ve lo dirò. È la contessa Auspingh1, figlia di un cavaliere scozzese.

Pamela. (Fortunatissima dama!) (da sè, sospirando)

Bonfil. Che avete. Pamela, che piangete?

Pamela. Piango per l’allegrezza di vedervi contento.

Bonfil. Ah Jevre, quant’è mai bella la mia Contessa!

Jevre. Prego il cielo, che sia altrettanto buona.

Bonfil. Ella è la stessa bontà.

Jevre. (Povera Pamela! Or ora mi muore qui). (da sè)

Bonfil. Sapete voi com’ella ha nome?

Jevre. Certamente io non lo so.

Bonfil. Non è ancor tempo che lo sappiate. Partite. (a Jevre)

Jevre. Signore...

Bonfil. Partite, vi dico.

Pamela. Madama, aspettatemi.

Bonfil. Ella parta, e voi restate.

Pamela. Perchè, signore?...

Bonfil. Non più, obbeditemi. (a Jevre)

Jevre. (Pamela mia, il cielo te la mandi buona), (da sè, e parte)

SCENA X.

Milord Bonfil e Pamela.

Pamela. (Oh Dio!)

Bonfil. Volete voi sapere il nome della mia sposa?

Pamela. Per obbedirvi, l’ascolterò.

Bonfil. Ella ha nome... Pamela.

Pamela. Signore, voi vi prendete spasso crudelmente di me.

Bonfil. Porgetemi la vostra mano2... (a Pamela)

Pamela. Mi maraviglio di voi.

Bonfil. Voi siete la mia cara sposa...

  1. Bett., qui e sotto: d’Auspingh.
  2. Bett. ha invece: Venite fra le mie braccia.