Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/75


IL TEATRO COMICO 69

     L’allevarli, il nudrirli son tai cose1,
     Che fanno inorridir! Ma chi t’accerta
     Che il marito non sia geloso, e voglia
     A te vietar quel ch’egli andrà cercando?
     Pensaci, figlia, pensaci, e poi quando
     Avrai meglio pensato, sarò padre
     Per compiacerti, come ora lo sono
     Per consigliarti.

Orazio. Questi effettivamente non paiono versi2.

Lelio. Volete sentire se sono versi? Ecco, udite come si fanno conoscere, quando si vuole. (recita i medesimi versi declamandoli, per far conoscere il metro)

Orazio. È vero, sono versi, e non parevano3 versi. Caro amico, ditemi di chi sono.

Lelio. Voi li dovreste conoscere.

Orazio. Eppure non li conosco.

Lelio. Sono dell’autore delle vostre commedie.

Orazio. Com’è possibile, s’egli non ha ancora fatto commedie in versi?

Lelio. Effettivamente non ne voleva4 fare; ma a me, che sono poeta, mi ha confidato questa sua scena.

Orazio. Dunque lo conoscete?

Lelio. Lo conosco, e spero arrivar anch’io a comporre delle commedie, com’egli ha fatto.

Orazio. Eh, figliuolo, bisogna prima consumar sul teatro tanti anni, quanti ne ha egli consumati, e poi potrete sperare di far qualche cosa. Credete ch’egli sia diventato compositore di commedie ad un tratto? L’ha fatto a poco a poco, ed è arrivato ad essere compatito dopo un lungo studio, una lunga pratica ed una continova instancabile osservazione del teatro, dei costumi e del genio delle nazioni.

Lelio. Alle corte, sono buono da recitare?

Orazio. Siete sufficiente.

Lelio. Mi accettate nella vostra compagnia?

  1. Bett., Pap. ecc.: sono cose.
  2. Bett. e Pap. aggiungono: e duro fatica a credere che siano versi.
  3. Bett. e Pap.: paiono.
  4. Bett. e Pap.: vuol.