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nie, 1738): dove il padre (M. Francaleu) e l’innamorato (Dorante) di Lucilla possono a mala pena, e fuggevolmente, ricordare il padre e l’innamorato di Rosaura. Piuttosto di Damigi, l’eroe pironiano, vien voglia di citare l’Oronte di Molière, nel Misantropo. Anzi il quadro della commedia goldoniana richiama alla memoria altre famiglie di fanatici, rese immortali dall’autore francese, le preziose e le dottoresse: che i letterati italiani nel Settecento imitarono e sconciarono (G. C. Becelli, li Falsi letterati, Verona, 1740; J. A. Nelli, la Dottoressa preziosa, ed. 1756). E già il Goldoni stesso aveva creato il fanatico antiquario. Ma rassomiglianze vere e proprie, ne’ particolari, esistono solo con l’Arione del Baruffaldi. Il resto potè trarre Polisseno Fegeio, arcade della colonia Alfea, dalle avventure di cui la sua vita abbondava, fin dall’infanzia, o creò con l’inesausta fantasia (vedasi anche la Donna di garbo).

La commedia a Milano e a Bologna fu accolta freddamente, piacque molto a Torino e a Venezia («I Poeti ha piasso tanto - Che disevi: o bella! o bella!» Complim.o del 1751, cit.); e l’autore credette di trovarne la ragione nella scarsa stima che godeva la poesia nelle due ultime città. Ciò è vero in parte. A Venezia la stessa Arcadia fu accettata soltanto come reazione al Seicento, e non furoreggiò mai, e presto disparve: di qui il Baretti le assestò i colpi estremi, mentre già agonizzava. Di essa quasi nessuna traccia nella ricca e a volte lieta fioritura vernacola. L’accademia dei Granelleschi nel suo primo periodo, che fu intorno al ’48, aveva il nobile intento di restaurare il culto di Dante e di promuovere l’esercizio della più sana letteratura. La caricatura d’Ottavio, la satira dell’accademia dei Novelli, sono ancora un episodio della guerra senza pace condotta dal Goldoni contro il cattivo gusto (A. Neri, Aneddoti goldoniani, Ancona, 1883, p. 36). In quel seguace dello «stile eroico», che al rimbombo e alla rima sacrifica il buon senso, si colpiva il secentismo risorgente nel Chiari e negli altri «corrotti figli» del Frugoni. Invece il Dottor veneziano ama di tutto cuore Tonino e Menico, i suoi improvvisatori, com’era andato in visibilio a Siena udendo il Perfetti, come ammirò poi a Parigi il Talassi. Anche i maggiori applausi del pubblico erano rivolti al Collalto (Tonino).

Comicità e verità non mancano nel Poeta fanatico (o nei Poeti, come prima s’intitolava): quella famiglia di Ottavio, dove perfino Brighella fa versi, pare a noi posteri la famiglia dei conti Gozzi, che nelle Memorie del co. Carlo, e nelle inedite d’un figlio di Gasparo, ci desta un sentimento di pietà e di riso. Per questo, anche dopo morta l’Arcadia, se non le accademie, e lontanato il Settecento, la presente commedia tornò sulle scena a Venezia, a Milano, a Torino, a Bologna, a Modena, a Roma: per merito, nella prima metà dell’Ottocento, delle compagnie Dorati, Pellandi e Blanes, Fabbrichesi, Mascherpa (Gattinelli), Vestri. Nell’anno che seguì al secondo anniversario della nascita di Goldoni, la esumò Ferruccio Benini, infliggendole una riduzione. Certo conserva dell’affrettato e dell’antiquato, pecca di ingenuità e prolissità, è lungi dal capolavoro: ma fu troppo severo a giudicarla Napoli Signorelli (Storia dei teatri ecc.), rapito invece dalla fredda eleganza della Metromania. Non ebbe fortuna oltralpe, nè trovò felici imitatori fra noi (v. I teatri, cit., 1830, pp. 66-67). Sul prologo che il Gallina voleva preporvi, si vedano Le serate italiane, 1895, p. 63. Importante l’esame delle poesie, fatto dal Somborn (Das venezianische Volkslied, Heidelberg, 1901, pp. 53-57).