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IL POETA FANATICO 617

Tonino. E più sorte ghe xe de cargadura

     Rispetto al gusto della poesia.
     Gh’è quelli che ogni piccola freddura
     I corre a recitarla in compagnia.
     Gh’è chi crede coi versi far fegura,
     E se mette per questo in albasia.
     E gh’è de quei, che invece de panetti,
     I se la passa via con dei sonetti.

Ottavio. Bravo, evviva.

Florindo. Bravo, evviva. Ma io non voglio essere certamente nel numero dei fanatici. Signor suocero caro, con vostra buona grazia, conduco a casa mia moglie. Ella qualche volta comporrà per piacere, ma, per l’accademia, di noi non fate più capitale.

Ottavio. Come! Siete voi diventato pazzo?

Florindo. Pazzo sarei, se per cagion dei versi e delle rime abbandonar volessi gl’interessi della mia famiglia.

Ottavio. Bene, abbadateci voi, e non impedite che mia figlia faccia onore a sè, alla mia casa, alla città tutta.

Florindo. Rosaura è cosa mia; voglio che alla casa mia faccia onore; e questo succederà, se ella apprenderà le regole d’una buona economia. Signor suocero, vi riverisco. Eccovi le vostre patenti.

Ottavio. Ah traditore! E voi, Rosaura, avete cuore d’abbandonarmi?

Rosaura. Verrò a vedervi.

Ottavio. Comporrete voi?

Rosaura. Per l’accademia mai più.

Ottavio. M’avete detto sempre, sempre.

Rosaura. Ed or vi dico, mai più.

Florindo. Signor suocero....

Ottavio. Andate via.

Rosaura. Signor padre....

Ottavio. Ingratissima figlia!

Florindo. Venite nella vostra camera, che vi aspetto. (a Rosaura)

     Più della poesia sia dolce cosa

     L’ore liete passar fra sposo e sposa. (parte)

Ottavio. Che tu sia maledetto.