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IL POETA FANATICO | 591 |
Nè soglion bere l’acqua d’Aganippe.
Non sanno alle compagne, o alle sirocchie,
Di Menippo parlare, o di Menippe.
Giovani cantan come le ranocchie,
E quando per l’età diventan lippe,
Forz’è che ognun le sprezzi, ognun le crocchie,
Poichè buone non son, che da far trippe.
La lode vostra al vero non s’approccia;
Ed io, che nata sono in mezzo al vulgo,
Sudo per il rossor più d’una goccia.
Ma poichè in grazia vostra mi divulgo,
Vestita anch’io della novella buccia,
Fra cotante pazzie, pazza rifulgo.
Ottavio. Oh bello! Oh brava! Evviva. Oh che roba! Oh che roba! A Roma a Roma, al Campidoglio, al Campidoglio. Meritate essere incoronata, e se nessuno lo vorrà fare, v’incoronerò io, v’incoronerò io.
Eleonora. (Gran miracoli che si fanno per quattro spropositi di una pettegola). (a Lelio)
Lelio. (Può essere che quel sonetto lo abbia veduto prima d’adesso).
Ottavio. Ora tocca a voi, Adriatico Pantalonico.
Tonino. Comandela che la serva de quattro spropositi all’improvviso?
Ottavio. Via, sì, dite qualche cosa di bello.
Tonino. Le favorissa de darme l’argomento.
Florindo. Ve lo darò io. Dite se nelle donne sia più stimabile la bellezza o la grazia.
Per mettere in caena i nostri cuori,
Dimme se della donna più prevai
I bei graziosi vezzi o i bei colori.
- ↑ Cantando sull’aria degl’improvvisatori. [nota originale]