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586 | ATTO SECONDO |
Ottavio. Bravissima. Evviva Fidalma Ombrosia. Ah, che ne dite eh? Avete sentito mia figlia? Avete sentito il Petrarca? Oh figlia mia! Che tu sia benedetta.
Rosaura. Compatiranno.
Ottavio. Sì, sì, compatiranno. Una canzone di questa sorta compatiranno.
Eleonora. (Avete sentito la petrarchesca1 selvatica?) (a Lelio)
Lelio. (Credono che per fare una canzone o un sonetto petrarchesco, basti imitarlo rozzamente nei versi, e non pensano alla condotta, all’unità, alla forza, e precisamente alla bellezza degli epiteteti e degli aggiunti).
Ottavio. Cintia Sirena, a voi.
Eleonora. In difesa d’Amore, accusato ingiustamente di perfido e di crudele.
SONETTO.
Con sì poco rispetto, e ingrato tanto?2
Del vero amor, no, non conosce il vanto,
Chi lui tiranno e menzognero appella.
Dolci, amabili son le sue quadrella,
D’allegrezza cagione, e non di pianto;
Ed è virtù dell’amoroso incanto,
Ch’ogni cosa all’amante orna ed abbella.
Non è Amor che comanda il serbar fede
All’empio, ingrato, sconoscente cuore,
Che non cura l’affetto, o non lo crede!
Chi ha dall’idolo suo sdegno e rigore,
Cambi, e cerchi in altrui miglior mercede,
E troverà sempre pietoso Amore. (tutti applaudiscono)
Eleonora. Compatiranno.
Ottavio. Eh, può passare, può passare: non è petrarchesco, ma può passare. Avete sentito mia figlia?