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IL POETA FANATICO | 575 |
Arlecchino. Canto ancor io colla chitarra al collo.
Ottavio. Oh caro! Vi domando un’altra volta perdono. Io ero astratto, io ero dall’estro invaso. Ditemi, come è andata la cosa dell’orologio?
Arlecchino. Me l’avi dà colle vostre man.
Ottavio. Sì, è vero. Ho creduto di darlo a Brighella; compatitemi, e in quest’abbraccio ricevete un pegno dell’amor mio.
Arlecchino. (Sta volta, se no savevo far versi, stava fresco.) (da sè)
Ottavio. Ditemi, caro, chi siete? Come vi chiamate?
Arlecchino. Mi me chiamo Arlecchin, e son fradello de Corallina.
Ottavio. Fratello della signora Corallina?
Arlecchino. Per servirla.
Ottavio. Di quella brava improvvisatrice?
Arlecchino. Giusto de quella.
Ottavio. Oh siate benedetto! Lasciate ch’io vi dia un bacio, e che vi giuri perpetua amicizia e poetica fratellanza.
Arlecchino. La sappia, sior, che le cosse le va mal.
Ottavio. Sapete anche voi improvvisare?
Arlecchino. Qualche volta.
Ottavio. Bravo.
Arlecchino. L’è tre zorni, che se magna pochetto.
Ottavio. Questa sera si farà in casa mia una bella accademia.
Arlecchino. Me ne rallegro. E la me creda, signor, che ho una fame terribile.
Ottavio. Sentirete, sentirete che roba.
Arlecchino. Se mai la se contentasse...
Ottavio. Io compongo nello stile eroico.
Arlecchino. De farne dar qualcossa...
Ottavio. E mia figlia compone nello stil petrarchesco.
Arlecchino. La favorisca de ascoltarme una parola sola.
Ottavio. Dite pure, v’ascolto.
Arlecchino. Ho fame.
Ottavio. Sì, caro, sì, mangerete. Venite qui, voglio farvi sentir un sonetto.
Arlecchino. Lo sentirò più volentiera, dopo che averò magnà.