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568 | ATTO SECONDO |
Rosaura. Così presto?
Florindo. O bene, o male, ho risposto, ed ho creduto che da celerità possa acquistarmi maggior merito dell’attenzione.
Rosaura. Deh, non mi sospendete più lungamente il piacere. Fatemi sentire questa vostra quasi estemporanea risposta.
Florindo. Vi servo subito. Compatirete.
Rosaura. So il vostro merito.
Florindo. Favorite, se pur v’aggrada, leggere il vostro secondo sonetto, ed io alle quartine e alle terzine di mano in mano vi risponderò.
Rosaura. Lo farò per obbedirvi. Dopo il sonetto petrarchesco, con cui Nice si disponeva di palesare il suo amore a Fileno, la stessa Nice, con un altro sonetto di stile piano e comune, si risolve di palesarlo.
Florindo. Ed io faccio che, nella risposta, Fileno a Nice spieghi il suo sentimento.
Rosaura. Mi sarà caro sentirlo.
SONETTO.
Quel che m’arde non taccio intenso ardore.
Vo’ svelar la mia fiamma al mio pastore,
In cui solo ho riposta ogni mia spene.
Florindo. Fileno risponde colle medesime ultime parole.
Ed eguale nel sen provo l’ardore.
Più felice di me non fia pastore,
Se di te m’alimenta amica spene.
Se pietà sperar posso, e non rigore,
Fortunato penar, dolce dolore,
Sola e vera cagion d’ogni mio bene!
Florindo. Nice, che del mio cor l’impero tiene,
Suol usar meco, e non temer rigore.