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IL POETA FANATICO 563

Brighella. Evviva.

Tonino. Torno a Venezia colla mia novizza,

     El pare se ne accorze, e el me descazza,
     E tanto foco contra mi l’impizza1
     Che farme véder me vergogno in piazza.
     Tutto in un tempo me vien su la stizza;
     Chiappo su e vegno via co sta gramazza;
     Finchè ho abuo bezzi, semo andai pulito,
     Ma adesso me tormenta l’appetito.

Ottavio. Oh bene!

Corallina. E finchè vive del mio sposo il padre,

     A Venezia tornar noi non vogliamo.
     Fortuna, che per anco io non son madre,
     Onde in poca famiglia ancora siamo.
     Pericolo non v’è, che genti ladre
     Ci rubino i bauli che portiamo;
     Mentre noi non abbiam, come sapete,
     Altro baul che quello che vedete.
(mostra un piccolo baule, ch’è nella stanza)

Brighella. Oh cara!

Tonino. Semo do poverazzi sfortunai,

     E s’avemo cazzà in la fantasia,
     Per esser sempre poveri spiantai,
     De voler coltivar la poesia.
     Ma, grazie al cielo, semo capitai
     Dove regna la vera cortesia.
     Spero poder sfogar la doppia brama
     De saziar la mia fame e la mia fama.

Ottavio. Oh che bella cosa!

Corallina. Signor, l’istoria nostra avete intesa.

     Movetevi di grazia a compassione;
     Noi persone non siam di molta spesa,
     E alla tavola avremo discrezione.

  1. Impizzar, accendere; v. Boerio.