Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
558 | ATTO PRIMO |
SCENA X.
Ottavio, Brighella e detti.
Ottavio. Riverisco lor signori.
Corallina. Serva umilissima.
Tonino. Patron mio reverito.
Ottavio. Perdonino, se mi sono preso l’ardire di venirli a incomodare.
Tonino. Anzi la n’ha fatto grazia.
Ottavio. Mi ha detto il mio servitore, che lor signori sono due celebri e valorosi poeti.
Brighella. Un mio patrioto m’ha informà del so merito.
Corallina. Poeti siamo, ma non celebri, nè valorosi.
Tonino. Semo do poeti alla moda del nostro secolo, che vuol dir sfortunai e pieni de desgrazie.
Ottavio. Ah, pur troppo la poesia non è oggi in quel pregio in cui esser dovrebbe, spero per altro che non passerà molto1, che risorgerà il regno delle Muse, e non anderà senza premio chi avrà il merito di una così bella virtù.
Tonino. Disela da senno? Oh magari!
Brighella. Semo drio a perfezionar un’accademia.
Corallina. Anche voi vi dilettate?
Ottavio. Sì, è mio servitore. Ha dello spirito, ha dell’estro, lo tengo al mio servizio per questo. Quando trovo poeti, vorrei poterli beneficar tutti, vorrei poterli assistere, soccorrere, esaltare.
Tonino. (Questo xe giusto el nostro bisogno). (da sè)
Ottavio. Sappiate ch’io sono principe e fondatore di un’accademia.
Brighella. E anca mi, debolmente, son membro della medesima.
Tonino. Anca vu accademico? (a Brighella)
Brighella. Gh’ho el titolo de bidello, ma fazzo anca mi qualcossetta.
Ottavio. L’accademia chiamasi dei Novelli, e se volete esserci anche voi ascritti, procurerò di aggregarvi.
- ↑ Bett.: molto tempo.