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IL POETA FANATICO 555

Tonino. Ancuo, come disnaremio?

Arlecchino. Quest l’è quel che vad considerand anca mi.

Corallina. Uomo da poco.

Tonino. Senza cervello.

Corallina. Scimunito.

Tonino. Alocco.

Arlecchino. Se el gridar fa passar la fame, scomenzerò a gridar anca mi.

Corallina. Come abbiamo da fare?

Tonino. Come se podemio inzegnar?

Arlecchino. Gnente. Per mi gh’è un ravano e un pezzo de pan avanza iersera. Vualtri con un sonetto per omo, disnè da prencipi.

Corallina. Eh, fratel caro!

               La povera cicala,
               Che d’aria solamente si nutrisce,
               Canta, crepa e finisce.
               È un cantar poco grato
               Il compor versi, e non aver mangiato.

Tonino. Brava. Cussì me piase. Passarsela con disinvoltura.

Arlecchino. Per ancuo stè ben. Co sto madregal in corpo no avè bisogno de altro.

Corallina. Possibile che non si trovi un cane che ci aiuti? Se io fossi uomo, certamente mi vorrei ingegnare.

Arlecchino. Anzi essendo donna, podè inzegnarve più facilmente.

Corallina. Una donna onorata non può girare per la città.

Arlecchino. Gnente; senza che v’incomode, podè far el fatto vostro anca in casa.

Tonino. Sier cugnà caro, no so che razza de descorso sia el vostro. So che sè nato omo ordenario, e se no fusse sta la vertù e el spirito de vostra sorella, no me saria degna de imparentarme con vu. Ste massime, ste proposizion le xe indegne de mia muggier e de mi. Semo do poveri sfortunai, ma semo do persone onorate. Se la fortuna ne vorrà agiutar, accetteremo