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552 | ATTO PRIMO |
Ottavio. Per carità, lasciatemi finire questo sonetto.
Beatrice. Ascoltatemi, e poi non vi do più disturbo. «
Ottavio. Via, parlate.
Beatrice. Mi ascolterete?
Ottavio. Vi ascolterò. (va scrivendo)
Beatrice. Voi avete una figlia del primo vostro matrimonio. Ella è grande, ella è nubile, ella è vistosa. Per causa della poesia in questa casa pratica di molta gente. Vengono dei giovinotti,1 trattano con essa familiarmente. Marito mio carissimo, non vorrei che le Muse avessero a far le mezzane a questa ragazza, onde vi consiglio a pensarvi. Procurate di maritarla, ponetela in sicuro, trovatele un buon partito, liberatevi da questo disturbo e da questo pericolo, che vi troverete assai più contento, e io viverò più2 quieta. Che ne dite? Vi pare ch’io parli giustamente? Approvate il mio consiglio?
Ottavio. Alternando le voci in dolce suono...
Beatrice. Pazzo, pazzissimo, mille volte pazzo. (parte)
SCENA VII3.
Ottavio solo.
Ottavio. Sia ringraziato il cielo, che se n’è andata.
Alternando le voci in dolce suono,
Nice, bell’idol mio, Fauni e Silvani
Noi faremo balzar da fonti e selve.
Concedi, o Nice, a chi t’adora, il dono;
E nostra fama ai lidi più lontani
Renderà stupefatti uomini e belve.
Oh buono! Oh bello! Con tutto lo stordimento di Beatrice, ho fatto due terzetti spaventosi. Bisogna nascer così. Poetae nascuntur. Presto, voglio far sentire questo gran sonetto a mia figlia. Gran donna! gran poetessa! Bisogna dire, che quando