Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
523 |
nel caffè si è vendicato per sè e per i suoi compagni1. La di lui fuga, unita a quella del servitore e d’altro vostro staffiere, di ciò mi assicura. Vi domando perdono de’ miei tradimenti. Servavi di regola non la mia vita, ma la mia morte. Disfatevi di donna Aspasia, che al pari di me v’inganna. O rinunziate la carica di Governatore, o esercitatela con giustizia. Siate osservatore delle leggi, e se non le sapete, imparatele. Amate la verità, la virtù, l’onore, la fede e sopra tutto guardatevi voi, e si guardi ciascuno, delle lusinghe d’un perfido adulatore. (parte)
Sancio. Io non so in qual mondo mi trovi.
Conte. Questa, signore, è una gran lezione.
Sancio. È una gran lezione, è vero; ma non sapendo come principiare a mutar costume, risolvo scrivere alla Corte e rinunziare il governo.
Conte. Il vostro pensiero non mi dispiace.
Sancio. Dov’è Brighella? Dove sono i poveri servitori? Trovateli, li voglio pagare, li voglio rimettere. Il cuoco si ricerchi e paghi la pena del suo delitto.
- ↑ Bett.: camerata.