Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
516 |
Staffiere bolognese. (Cusì arsparmiarò mi la fadiga de dari la schiuptà. El so servitor an s’n’è accort?)
Cuoco. (Om’ha tegnù corda le asì).
Sigismondo. Questo caffè è molto amaro.
Paggio. Si serva di zucchero.
Sigismondo. È amaro più del solito.
Sancio. Sarà bene abbruciato. (il cuoco e lo staffiere ridono)
Sigismondo. Per quanto zucchero vi metto, è sempre amaro. Chi l’ha fatto?
Paggio. Il suo servitore.
Sigismondo. Basta, l’ho bevuto, ma con poco piacere.
Sancio. Quanto è più amaro, vi farà meglio allo stomaco.
Paggio. Comanda altro?
Sigismondo. No. Obbligato, paggino, obbligato.
Cuoco. (Ei! L’ha beiuo. Vago a Zena). (via)
Staffiere bolognese. (E me, quand al srà cherpà, andrò a Bulogna cuntent). (via)
Paggio. (Questo servitore ne ha fatta una chicchera sola, non v’è nemmeno una goccia per il povero paggio). (via)
Sancio. Or via, andate a stendere questo decreto.
Sigismondo. Quando l’ho steso, lo porto a sottoscrivere?
Sancio. Sì, e se dormissi, svegliatemi.
Sigismondo. Oimè! 11 caffè mi ha fatto peggio.
Sancio. Non temete di male. Andate a scrivere, che vi passerà.
Sigismondo. Vado immediatamente a servirla. (via)
Sancio1. Queste cento doppie le donerò a donna Aspasia.
SCENA VIII.
Donna Aspasia e detto.
Aspasia. Serva sua, signor don Sancio. (sostenuta)
Sancio. Donna Aspasia, accomodatevi.
Aspasia. Vi ringrazio, vi ringrazio, voglio andar via.
- ↑ Qui comincia nell’ed. Pap. la sc. VIII.