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L'ADULATORE 485

Sigismondo1. Signor Conte, che vuol dire che mi pare turbato?

Conte. Donna Luigia mi ha fatto un affronto, e ne voglio risarcimento.

Sigismondo. A un cavaliere della sua sorte un affronto? Femmina senza cervello! Che le ha fatto, illustrissimo signore, che mai le ha fatto?

Conte. Ha dato uno schiaffo alla figlia, in presenza mia.

Sigismondo. A quella che deve esser moglie di V. S. illustrissima?

Conte. Che ne dite, eh? Si può far peggio?

Sigismondo. Che2 donne! Che donne! Ed ella se la passa così con questa disinvoltura?

Conte. Penserò al modo di vendicarmi.

Sigismondo. Il modo è facile. Prender la figlia segretamente, condurla via, sposarla, e rifarsi dell’insolenza. (Così faccio risparmiar la dote al padrone). (da sè)

Conte. Il consiglio non mi dispiace. Caro amico, come potremmo fare?

Sigismondo. Lasci fare a me: si lasci servire da me.3

Conte. Mi fido di voi.

Sigismondo. Ne vedrà gli effetti.

Conte. (Questo è un bravo segretario. Fa un poco di tutto). (da sè, parte)

Sigismondo. È necessario andar di concerto colla cameriera. Colombina? (alla porta)

SCENA XVII4.

Donna Isabella sulla porta, e detto.

Isabella. Colombina non c’è.

Sigismondo. Oh! signora Isabella, una parola.

Isabella. No, no, che se viene mia madre, povera me!

Sigismondo. Presto presto mi sbrigo. Il signor Conte vi riverisce.

  1. Qui comincia nell’ed. Bett. la sc. XVII.
  2. Bett.: Gran.
  3. Segue nelle edd. Bett., Pap. ecc.: «Cont. Se vi riesce di farmela avere nelle mani, vi sarà per voi una borsa con cento zecchini. Sig. Avanti sera ci parleremo. Vada via e non si lasci Vedere. Cont. Mi fido di voi ecc.».
  4. Sc. XVIII nell’ed. Bett.; così via per le scene segg.