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484 ATTO SECONDO

Conte. Quante volte ve l’ho da dire? Non sapete che la desidero per consorte?

Luigia. Questo sinora l’ho creduto un pretesto.

Conte. No, signora, disingannatevi. Per voi ho tutta la stima, tutta la venerazione; per la signora Isabella ho tutto l’affetto.

Luigia. Benissimo. Ho piacer di saperlo. (sdegnata)

Isabella1. Ecco lo specchio.

Luigia. Lascia vedere. (glielo leva con dispetto)

Conte. (Or ora le dico qualche bestialità). (da sè)

Luigia. Vammi a prender il coltellino.

Isabella. (Oh son pure stufa!) (da sè)

Luigia. Via, ciompa2, sbrigati.

Isabella. (Mi fa svergognare dal signor Conte). (da sè, parte)

Conte. Signora, dopo essermi io dichiarato di voler vostra figlia, gli strapazzi che a lei fate, sono offese che fate a me.

Luigia. Garbato signor Conte! (donna Isabella ritorna)

Isabella3. Ecco il coltellino, (lo dà a donna Luigia; ella lo lascia cadere e dà uno schiaffo ad Isabella, la quale, coprendosi il volto col grembiale, singhiozzando parte.)

Conte. A me quest’affronto?

Luigia. Voi come ci entrate?

Conte. C’entro, perchè deve esser mia moglie.

Luigia. Prima che Isabella sia vostra moglie, la voglio strozzare colle mie mani. (parte)

SCENA XVI.

Il Conte Ercole, poi Don Sigismondo.

Conte4. Ecco quel che fa la maledetta invidia. Vorrebbe essere sola vagheggiata e servita, e le spiace che la gioventù della figlia le usurpi gli adoratori. Ma, giuro al cielo, Isabella sarà mia moglie, a suo dispetto. Don Sancio a me l’ha promessa, e se non mi manterrà la parola, me ne renderà conto.

  1. Comincia nell’ed. Bett. la sc. XV.
  2. Bett.: Animo, cosa molla.
  3. Comincia nell’ed. Bett. la sc. XVI.
  4. Queste parole del Conte nell’ed. Bett. rientrano nella scena preced.