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L'ADULATORE 481

Luigia. Quanto vi costa?

Aspasia. Che importa ciò? Tenetelo.

Luigia. No, no, quanto vi costa? Così, per curiosità.

Aspasia. Solamente tre zecchini.

Luigia. Datele tre zecchini, (se lo pone in capo, parlando a don Sancio)

Aspasia. Non voglio assolutamente.

Sancio. Ora l’aggiusterò io. (parte)

Luigia. E quell’andriè, chi ve l’ha fatto?

Aspasia. Il sarto romano.

Luigia. Che bel colore! Che bella guarnizione1! Quanto mi piace! Ne voglio uno ancor io.

SCENA XII2.

Don Sancio con un spillone, e dette.

Sancio. Ecco qui. Questo è lo spillone, che non piace a mia moglie. Ella ha avuto quello di donna Aspasia, e donna Aspasia si tenga questo.

Luigia. Lasciate vedere. (lo prende di mano a don Sancio) Signor no; lo voglio io. Datele tre zecchini.

Sancio. (Quant’è invidiosa!) (da sè)

Aspasia. (Ed io perderò lo spillone. Ma se mi dà le cento doppie, non importa). (da sè)

Sancio. Donna Aspasia, vi darò i tre zecchini.

Luigia. Dateglieli subito.

Sancio. Venite; se volete, ve li do adesso.

Luigia. Presto, donna Aspasia, avanti ch’ei si penta.

Aspasia. (Non mi premono i tre zecchini, ma le cento doppie). (da sè) Voi non venite, donna Luigia? (si alza)

Luigia. Andate, che vi seguo.

Sancio. Favorite. (le dà il braccio)

Aspasia. (Che uomo caricato! Mi fa venire il vomito). (da sè)

Sancio. Oggi mi pare d’esser tutto contento.

  1. Bett. aggiunge: d’argento.
  2. Sc. XI nell’ed. Bett.