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IL TEATRO COMICO 43

Lelio. Spero che colla perfezione dell’optica potrò speculare, la vostra bellezza.

Placida. Anche in questo siete un pessimo astrologo.

Lelio. È possibile che non vogliate essere medica amorosa delle mie piaghe?

Placida. Sapete cosa sarò? Un giudice legale, che vi farà legare e condurre allo spedale de’ pazzi. (Se troppo stessi con lui, farebbe impazzire ancora me. Mi ha fatto dire di quei concetti, che sono proibiti come le pistole corte). (parte)

SCENA III.

Lelio e poi Orazio.

Lelio. Queste principesse di teatro pretendono aver troppa sovranità sui poeti, e se non fossimo noi, non riscuoterebbero dall’udienza gli applausi. Ma ecco il signor capo; conviene contenersi con esso con umiltà. Oh fame, fame, sei pur dolorosa!

Orazio. Mi ha detto il signor Brighella che vossignoria ha delle commedie di carattere, e ancorchè io non ne abbia bisogno, tuttavolta, per farle piacere, ne prenderò qualcheduna.

Lelio. Le sarò eternamente obbligato.

Orazio. Da sedere. (i servi portano due sedie e partono)

Lelio. (Fortuna, aiutami). (da sè)

Orazio. Favoritemi, e mostratemi qualche cosa di bello.

Lelio. Ora vi servo subito. Questa è una commedia tradotta dal francese ed è intitolata...

Orazio. Non occorre altro. Quando è una commedia tradotta, non fa per me.

Lelio. Perchè? Disprezzate voi l’opere dei Francesi?

Orazio. Non le disprezzo; le lodo, le stimo, le venero, ma non sono al caso per me. I Francesi hanno trionfato nell’arte delle commedie per un secolo intero; sarebbe ormai tempo che l’Italia facesse conoscere non essere in essa spento il seme dei buoni autori, i quali dopo i Greci ed i Latini sono stati i primi ad arricchire e ad illustrare il teatro. I Francesi nelle loro com-