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L'ADULATORE 473

Sigismondo. Vi è un altro che si esibisce introdurre un’altra fabbrica, a benefizio de’ poveri lavoranti.

Sancio. Se è giusto, ammetterlo.

Sigismondo. Se V. E. dà a me l’arbitrio, procurerò di esaminar la materia, e informerò la Corte per la pura giustizia.

Sancio. Fate voi.

Sigismondo. Bravissimo. Queste sono cose facili; ma ora devo esporre a V. E. una cosa di massima conseguenza.

Sancio. Tutte le cose per me sono eguali.

Sigismondo. Bella mente! Bella mente! Il signor don Filiberto non vuole andare alla Corte.

Sancio. Lasci stare.

Sigismondo. Ma io ho scoperto il perchè.

Sancio. Perchè la moglie novella lo desidera a lei vicino.

Sigismondo. Eccellenza, non è per questo. Egli fa il contrabbandiere. Introduce merci forestiere in questa città; negozia in pregiudizio della Camera e de’ finanzieri, e colla protezione che gode della padrona, si fa adito a mille frodi1, a mille cose illecite e scandalose.

Sancio. Credo che ciò sia vero. Anche poco fa è venuta mia moglie a pregarmi per far restituire a donna Elvira venti braccia di pizzo, arrestatole dai birri per ordine de’ finanzieri.

Sigismondo. Io, Eccellenza, parlo sempre colla verità sulle labbra. Ma i pizzi è il meno. Il tabacco, il sale, l’acquavite sono cose che rovinano le finanze.

Sancio. In queste imprese vi ho anch’io il mio diritto. Costui mi defrauda.

Sigismondo. È un contraffacente pubblico e abituato.

Sancio. Don Sigismondo, che cosa abbiamo da fare?

Sigismondo. Castigarlo.

Sancio. Senza processarlo?

Sigismondo. Formeremo il processo, ma bisogna assicurarsi della persona.

  1. Bett.: contrabbandi.