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472 | ATTO SECONDO |
tamente; poi voglio vedere io donna Aspasia avanti di lui, per avvertirla d’alcune cose. Già ella è del mio carattere, e facilmente fra di noi c’intendiamo. (va per andar dal Governatore, e l’incontra)
SCENA VI.
Don Sancio e detto.
Sancio. Dove andate?
Sigismondo. Veniva a ritrovare V. E.
Sancio. Ho mandato a invitare a pranzo donna Aspasia.
Sigismondo. Ella quanto prima verrà; così ha mandato a rispondere. Frattanto, se V. E. mi permette, vorrei proporle alcune cose utili per la sua famiglia e necessarie per il governo.
Sancio. Dite, ma brevemente: a me piace lo stile laconico.
Sigismondo. Beati quelli che hanno l’intelletto pronto come V. E. Ella intende subito, e con due parole si fa capire.
Sancio. Due parole delle mie vagliono per cento d’un altro.
Sigismondo. È verissimo. Giuoco io, che a tre cose essenziali, che ora gli proporrò, V. E. risponde, risolve e provvede con tre parole.
Sancio. Io non parlo superfluamente.
Sigismondo. È necessario riformare la servitù. Tutta gente viziosa e di poco spirito.
Sancio. Licenziatela.
Sigismondo. Specialmente Brighella è un uomo ormai troppo vecchio, reso inabile e non buono a nulla.
Sancio. Fate ch’ei se ne vada.
Sigismondo. Verrà a ricorrere da V. E., dirà che è antico di casa, che ha servito tanti anni.
Sancio. Non l’ascolterò.
Sigismondo. Ecco con tre parole accomodato un affare. Ora ne proporrò un altro. Pantalone de’ Bisognosi vorrebbe un privilegio per lavorare egli solo i velluti.
Sancio. Se è giusto, farlo.