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L'ADULATORE 459


ma di un parrucchiere francese. (A suo tempo la discorreremo meglio). (da sè)

Elvira. Signora1, la grazia di cui sono a pregarvi, è questa. A Napoli2 ho data la commissione, perchè mi provvedessero un finimento di pizzi all’ultima moda, che sarà incirca venti braccia. Fu consegnato l’involto ad un vetturino; i birri lo hanno ritrovato e me l’hanno preso. Supplico la vostra bontà a intercedermi la grazia presso il signor Governatore, di poter riavere i miei pizzi.

Luigia. Sono belli questi pizzi?

Elvira. Devono essere de’ più belli. Costano quattro zecchini il braccio.

Luigia. Capperi! quattro zecchini?

Elvira. Così mi hanno mandato il conto. Ottanta zecchini, senza il porto.

Luigia. Ottanta zecchini in un fornimento di pizzi?

Elvira. Erano ordinati per le mie nozze e me li hanno spediti ora.3 Posso sperare di essere favorita?

Luigia. (Se sono belli, se sono alla moda, li voglio per me assolutamente). (da sè) Pensava al modo più facile per riaverli. Segretario, che dite? Li averemo noi facilmente?

Sigismondo. Ci vuol essere qualche difficoltà. Sopra le gabelle il signor Governatore non ha tutta l’autorità, poichè i finanzieri pagano un tanto alla Camera, e i contrabbandi diventano cosa loro.

Luigia. In quanto a questo poi, quando mio marito comanda, lo hanno da ubbidire.

Sigismondo. V. E. dice benissimo. (con una riverenza)

Luigia. Per facilitare dirò che questi pizzi sono miei, che li ho fatti venir io. Sarebbe bella che io non potessi far venire liberamente tutto quello ch’io voglio, senza dipendere dai gabellieri! Che dite, segretario?

Sigismondo. V. E. non può dir meglio. (Ingiustizie a tutt’andare). (da sè)

  1. Bett.: È così, signora.
  2. Bett.: Sappiate che a Napoli.
  3. Bett. aggiunge: Più tosto, se occorre pagare il dazio, si pagherà.