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L'ADULATORE 443


che sperare non posso dall’amore, dalla sevirtù e dal denaro medesimo, il quale suol essere per lo più la chiave facile per ispalancare ogni porta. (parte)

SCENA IV1.

Donna Isabella e Colombina con uno specchietto in mano.

Colombina. In verità, signora padroncina, che questa scuffia vi sta assai bene.

Isabella. È vero? Sto bene?

Colombina. Benissimo, e non2 potete star meglio. Io, in materia di far le scuffie, ho una mano tanto buona, che incontro l’aria di tutti i visi.

Isabella. Mi voglio un poco vedere.

Colombina. Ecco lo specchio, guardatevi.

Isabella. Uh, sto tanto bene. Tieni, Colombina, un bacino.

Colombina. Quando vi farete sposa, ve ne farò una ancora più bella.

Isabella. Io sposa?

Colombina. Certo che vi farete sposa.

Isabella. Quando?

Colombina. Presto.

Isabella. Domani?

Colombina. Oh! domani è poi troppo presto.

Isabella. Dopo domani?

Colombina. Che credete? Che il maritarsi sia come mangiare una zuppa?

Isabella. Eh! lo so che cosa vuol dir maritarsi.

Colombina. Sì? Che cosa vuol dire?

Isabella. Vuol dire, prender marito.

Colombina. Brava! siete spiritosa.

Isabella. So anche qualche cos’altro, ma non te lo voglio dire.

Colombina. Voi ne sapete più di me.

  1. Sc. III nell’ed. Bett.
  2. Bett.: Benissimo che non.