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L'ADULATORE 439

Sancio. Questi che hanno il tiro a sei, sono principi e duchi.

Luigia. Il Governatore deve essere più di loro.

Sancio. Io non mi voglio rovinare per complimento.

Luigia. Mandatemi a casa. Qui senza il tiro a sei non ci voglio stare.

Sancio. Segretario, dite la vostra opinione.

Luigia. Sì, dite voi, che siete un uomo di garbo.

Sigismondo. Perdonino, di queste cose non me n’intendo. (Tenga forte, dica di no). (piano a don Sancio)

Sancio. Orsù, non vi è bisogno d’altri discorsi. Donna Luigia, andiamo. Lasciate che il segretario vada a finire le sue incombenze.

Luigia. Voglio ch’egli risponda per me a questa lettera di premura1. (dà una lettera aperta al segretario)

Sancio. Risponderà poi; lasciatelo andare.

Luigia. La voglio adesso. (alterata)

Sancio. Se seguiterete a dire questa parola voglio, a Napoli vi rimanderò con poco vostro piacere. (parte)

SCENA III'2.

Donna Luigia e Don Sigismondo.

Luigia. Che dite, segretario, dell’indiscretezza di mio marito?

Sigismondo. In verità io mi sentiva agghiacciar il sangue.

Luigia. L’altre vanno col tiro a sei, ed io anderò col tiro a quattro?

Sigismondo. Sarebbe una mostruosità.

Luigia. Una dama della mia sorte?

Sigismondo. Una delle prime famiglie d’Italia.

Luigia. Una Governatrice?

Sigismondo. Ha da comparire con più pompa assai dell’altre.

Luigia. Il tiro a sei lo voglio assolutamente.

Sigismondo. È giusto: l’averà.

Luigia. Ditemi, con sessanta doppie troveremo3 due cavalli da accompagnare i quattro della mia carrozza?

  1. Bett.: di complimento.
  2. È unita nell’ed. Bett. alla scena preced.
  3. Bett.: troveremmo.