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436 | ATTO PRIMO |
Sancio. Mi pare che queste due famiglie sieno da qualche tempo pacificate.
Sigismondo. È verissimo.
Sancio. Dunque don Ormondo verrà a Gaeta.
Sigismondo. Piace a lei ch’egli venga?
Sancio. Se ho da dire il vero, non lo desidero molto.
Sigismondo. Ebbene, si vaglia della sua autorità. Risponda al Segretario di Stato, che la quiete di questa città esige che don Ormondo ne stia lontano. Con due righe d’informazione contraria al memoriale di don Ormondo, è fatto tutto.
Sancio. Fatele, ed io le sottoscriverò.
Sigismondo. Sarà ubbidita. (Giovami tenerlo occupato negli amori di donna Aspasia, per maneggiarlo a mio modo). (da sè)
Sancio. Ditemi, e voi come ve la passate con donna Elvira?
Sigismondo. Qualche momento che mi avanza, l’impiego volentieri nell’onesta conversazione di quella onoratissima dama.
Sancio. Mi dicono che suo marito sia molto geloso.
Sigismondo. Lodo infinitamente don Filiberto. Egli è un cavaliere onorato, e tutto fa ombra alla delicatezza del suo decoro.
Sancio. Mi pare però ch’egli non abbia gran piacere, che voi serviate la di lui moglie.
Sigismondo. Oh! la mi perdoni. Siamo amicissimi. Anzi vorrei pregare V. E. di una grazia in favor del mio caro amico.
Sancio. Dite pure, per voi farò tutto.
Sigismondo. L’affare contenuto in questo dispaccio preme sommamente alla città di Gaeta. Vi vuole a Napoli una persona che agisca e informi con del calore; onde bramerei ch’ella appoggiasse un tal carico a don Filiberto, e gli ordinasse portarsi immediatamente alla Corte, e là dimorasse sino alla consumazione di un tal affare.
Sancio. Bene, stendete il decreto, ch’io lo sottoscriverò.
Sigismondo. V. E. è sempre facile, è sempre clemente, quando si tratta di beneficare.
Sancio. Ditemi sinceramente, è tutta amicizia quella che vi spronaè