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IL BUGIARDO | 381 |
Pantalone. Busie no ghe ne disè più.
Lelio. Mai più.
Pantalone. Andemo avanti.
Lelio. (Questa lettera vuol esser compagna del sonetto). (da sè
Pantalone. Se mai aveste intenzione d’ingannarmi, state certo che in qualunque luogo saprò farmi fare giustizia.
Lelio. Qualche povera diavola abbandonata.
Pantalone. Bisogna che sto Lelio Bisognosi sia un poco de bon.
Lelio. Mi dispiace che faccia torto al mio nome.
Pantalone. Vu sè un omo tanto sincero...
Lelio. Così mi vanto.
Pantalone. Sentimo el fin. Se voi non mi fate venire costì, e non risolvete sposarmi, farò scrivere da persona di autorità al signor Pantalone vostro padre... Olà! Pantalon?
Lelio. Oh bella! S’incontra anco il nome del padre.
Pantalone. So che il signor Pantalone è un onorato mercante veneziano. Meggio! E benchè siate stato allevato a Napoli da suo fratello. Via, che la vaga. Avrà dell’amore e della premura per voi, e non vorrà vedervi in una prigione1, mentre sarò obbligata manifestare quello che avete levato dalle mie mani, in conto di dote. Possio sentir de pezo?2
Lelio. Io gioco che questa è una burla d’un mio caro amico...
Pantalone. Una burla de un vostro amigo? Se vu la tiolè per burla, sentì cossa che mi ve digo dasseno. In casa mia no ghe mettè nè piè, nè passo. Ve darò la vostra legittima. Àndè a Roma a mantegnir la vostra parola.
Lelio. Come, signor padre...
Pantalone. Via de qua, busiaro infame, busiaro baron, muso duro, sfrontà, pezo d’una palandranaa. (parte
Lelio. Forti, niente paura. Non mi perdo d’animo per queste cose. Per altro non voglio dir più bugie. Voglio procurare di dir
- ↑ Donna di mal affare.