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332 | ATTO PRIMO |
Arlecchino. Obbligatissimo. (Sior patron, ho stranudado). (piano a Lelio
Lelio. (Sbrigati e vieni meco). (piano ad Arlecchino
Arlecchino. (Ve prego, conferme anca vu le mie spiritose invenzion). (piano a Lelio
Colombina. Di che paese è, mio signore? (ad Arlecchino
Arlecchino. Io sono dell’alma città di Roma. Sono imparentato coi primi cavalieri d’Europa, ed ho i miei feudi nelle quattro parti del mondo. (starnuta forte
Colombina. Il ciel l’aiuti!
Arlecchino. Non s’incomodi, ch’è tabacco. (Gnanca per servizio?) (piano a Lelio
Lelio. (Le dici troppo pesanti).
Arlecchino. (Gnanca le vostre non le son liziere).
Colombina. Il signor Marchese, che ama la mia padrona, l’ha regalata; se V. S. facesse stima di me, farebbe lo stesso.
Arlecchino. Comandate. Andate in fiera, prendete quel che vi piace, ch’io pagherò; e disponete sino ad un mezzo milione.
Colombina. Signor don Piccaro, è troppo grossa.1 (entra in casa
SCENA XV.
Lelio ed Arlecchino.
Lelio. Non te l’ho detto? Sei un balordo.
Arlecchino. Se l’ho2 da sbarar, tanto serve metter man al pezzo più grosso.
Lelio. Orsù, sieguimi: voglio andar nell’albergo. Non vedo l’ora di vedere Ottavio, per raccontargli questa nuova avventura.
Arlecchino. Me par a mi che no sia troppo ben fatto raccontar tutti i fatti soi.
Lelio. Il miglior piacer dell’amante è il poter raccontare con vanità i favori della sua bella.
Arlecchino. E con qualche poco de zonta.