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IL BUGIARDO 327

Lelio. Non è gran cosa ch’io abbia equivocato con due maschere.

Rosaura. Però i raggi delle luci di Colombina fanno nel vostro spirito l’istessa impressione de’ miei.

Lelio. Signora, ora che posso parlarvi con libertà, vi dirò che voi sola siete quella che attraete tutte le mie ammirazioni, che occupate intieramente il mio cuore, e se parlai egualmente della creduta vostra sorella, lo feci senza mirarla.

Rosaura. E mi distinguete da mia sorella, benchè mascherata?

Lelio. E come! Vi amerei ben poco, se non sapessi conoscervi.

Rosaura. E da che mi conoscete?

Lelio. Dalla voce, dalla figura, dall’aria nobile e maestosa, dal brio de’ vostri occhi e poi dal mio cuore, che meco non sa mentire.

Rosaura. Ditemi, in grazia, chi sono io?

Lelio. Siete l’idolo mio.

Rosaura. Ma il mio nome qual è?

Lelio. (Conviene indovinarlo). (da sè Rosaura.

Rosaura. Bravo! ora vedo che mi conoscete. (si scuopre

Lelio. (Questa volta la sorte mi ha fatto coglier nel vero), (da sè) Osserva, Arlecchino, che volto amabile! (piano ad Arlecchino

Arlecchino. (Crepo dalla curiosità de veder in tel babbioa quell’altra). (da sè

Rosaura. Posso veramente assicurarmi dell’amor vostro?

Lelio. Asdrubale non sa mentire. Vi amo, vi adoro, e quando mi è vietato il vedervi, non fo che da me stesso ripetere il vostro nome, lodar le vostre bellezze; di’ tu, non è vero? (ad Arlecchino

Arlecchino. (Se podesse veder quella mascheretta!) (da sè

Lelio. Rispondi, non è vero? (starnuta

Arlecchino. Sior sì, l’è verissimo.

Rosaura. Perchè dunque, se tanto mi amate, non vi siete finora spiegato?

Lelio. Vi dirò, mia cara. Il mio genitore voleva accasarmi a Napoli

  1. Volto, detto burlescamente.