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IL BUGIARDO | 325 |
Lelio. Sia detto colla dovuta modestia, da qualche poco di merito.
Ottavio. Sì, ve l’accordo. Siete un giovine di brio, manieroso; a Napoli ho avuto occasione di ammirare il vostro spirito: ma innamorar due sorelle così su due piedi... mi par troppo.
Lelio. Eh amico! ne vedrete delle più belle.
Ottavio. Sono schiavo del vostro merito e della vostra fortuna. A miglior tempo ci godremo. Ora, se mi date licenza, devo andare nella mia camera a prendere del denaro, per pagare la perdita della scorsa notte. (s'incammina verso la locanda
Lelio. Dove siete alloggiato?
Ottavio. In quella locanda.
Lelio. (Oh diavolo!) (da sè) Alloggio anch’io nella locanda istessa, ma nè ieri, nè la notte passata vi ho qui veduto.
Ottavio. Andai a pranzo fuori di casa, ed ho giuocato tutta la notte.
Lelio. Siete qui da tanto tempo alloggiato e non conoscete quelle due signore?
Ottavio. Le conosco di vista, ma non ho seco loro amicizia. (Non vo’ scoprirmi). (da sè
Lelio. Sentite: se mai v’incontraste a parlare con esse, avvertite non far loro nota la confidenza che a voi ho fatta. Sono cose che si fanno segretamente. Ad altri che a un amico di cuore, non le avrei confidate.
Ottavio. Amico, a rivederci.
Lelio. Vi sono schiavo.
Ottavio. (Non mi sarei mai creduto che Rosaura e Beatrice avessero così poca riputazione). (da sè, entra in locanda
SCENA X1.
Lelio ed Arlecchino.
Arlecchino. Sior padron, se farè2 cussì, s’imbroieremo.
Lelio. Sciocco che sei, secondami e non pensar altro.