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IL BUGIARDO 323

Lelio. Conoscete voi quelle due sorelle, che abitano in quella casa?

Ottavio. (Voglio scoprir terreno). (da sè) Non le conosco.

Lelio. Amico, sono due belle ragazze. Una ha nome Rosaura, e l’altra Beatrice; sono figlie di un dottore di medicina, e tutte due sono innamorate di me.

Ottavio. Tutt’e due?

Lelio. Sì, tutt’e due. Vi par cosa strana?

Ottavio. Ma come avete fatto a innamorarle sì presto?

Lelio. Appena mi videro, furono esse le prime a farmi un inchino, e m’invitarono a parlar seco loro.

Ottavio. (Possibile che ciò sia vero!) (da sè

Lelio. Pochissime delle mie parole bastarono per incantarle, e tutt’e due mi si dichiararono amanti.

Ottavio. Tutt’e due?

Lelio. Tutt’e due.

Ottavio. (Fremo di gelosia). (da sè

Lelio. Volevano ch’io entrassi in casa...

Ottavio. (Anco di più!) (da sè

Lelio. Ma siccome si avvicinava la sera, mi venne in mente di dar loro un magnifico divertimento, e mi licenziai1.

Ottavio. Avete forse fatto fare una serenata?

Lelio. Per l’appunto. Lo sapete anche voi?

Ottavio. Sì, mi fu detto. (Ora ho scoperto l’autore della serenata; Fiorindo ha ragione). (da sè

Lelio. Ma non terminò colla serenata il divertimento della scorsa notte.

Ottavio. Bravo, signor Lelio, che faceste di bello? (con ironia

Lelio. Smontai dalla peota, feci portar in terra da’ miei servidori una sontuosa cena, e impetrai dalle due cortesi sorelle l’accesso in casa, ove si terminò la notte fra i piatti e fra le bottiglie.

Ottavio. Amico, non per far torto alla vostra onestà, ma giudicando che vogliate divertirvi meco, sospendo di credere ciò che mi avete narrato.

  1. Bett.: sovvenendomi di voler dar ecc. mi licenziai.