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IL BUGIARDO 317

SCENA IV1.

Lelio ed Arlecchino.

Arlecchino. Signor napolitano, ghe baso la man. (a Lelio, ridendo

Lelio. Che ne dici? Mi sono portato bene?

Arlecchino. Mi no so come diavolo fe a inventarve tante filastrocche, a dir tante busìe senza mai confonderve.

Lelio. Ignorante! Queste non sono bugie; sono spiritose invenzioni, prodotte dalla fertilità del mio ingegno pronto e brillante. A chi vuol godere il mondo, necessaria è la franchezza, e non s’hanno a perdere le buone occasioni2. (parte

SCENA V.

Arlecchino, poi Colombina sul terrazzino.

Arlecchino. No vedo l’ora che vegna a Venezia so padre, perchè sto matto el se vol precipitar.

Colombina3. Ora che le padrone vanno a letto, posso anch’io prendere un poco d’aria.

Arlecchino. Un’altra femena sul terrazzin! No la me par nissuna de quelle do.

Colombina. Un uomo passeggia e mi guarda; sarebbe tempo che anch’io, poverina, trovassi la mia fortuna.

Arlecchino. Vôi veder se me basta l’animo anca a mi d’infilzargliene quattro, sul gusto del mio padron.

Colombina. In verità, che si va accostando.

Arlecchino. Riverisco quel bello che anche di notte risplende, e non veduto innamora.a

  1. Affetta di parlar toscano, per finzione.
  1. Nell’ed. Bett. continua la sc. III.
  2. Segue nelle edd. Bett., Pap. ecc.: «Arl. In materia de franchezza, sia dito a gloria vostra, avì una fazza a proposito per negar tutto. Lel. Orsù, meno confidenza. Sopporterò le tue scioccherie fino un certo segno, ma poi ti bastonerò. Arl. Me confido che sì solito a dir delle busie. Lel. Seguita a provocarmi, e vedrai s’io dico la verità. entra in locanda. Arl. La saria una gran desgrazia per mi, che un omo che dise sempre busie, quando se tratta de bastonarme l’avesse da dir la verità. No vedo l’ora che vegna ecc.».
  3. Comincia nell’ed. Bett. la sc. IV.