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26 | ATTO PRIMO |
Orazio. E pure si vedono anche adesso de’ giovanotti pelati sino all’osso.
Vittoria. Sapete perchè? Ve lo dirò io. Prima di tutto perchè le penne son poche; poi una penna al giuoco, un’altra alla crapola, una ai teatri, una ai festini, per le povere donne non restano che le piccole penne matte, e qualche volta tocca a noialtre a rivestire codesti poveri spennacchiati.
Orazio. Voi ne avete mai rivestito alcuno?
Vittoria. Oh, io non son gonza.
Orazio. Certo che saprete il fatto vostro; siete commediante.
Vittoria. So il fatto mio quanto basta per non lasciarmi infinocchiare: per altro circa l’esser commediante, vi sono di quelle che non girano il mondo; e vi sono delle casalinghe, che ne sanno cento volte più di noi.
Orazio. Sicchè dunque per esser accorta1 basta esser donna.
Vittoria. È vero, ma sapete perchè le donne son accorte?
Orazio. Perchè?
Vittoria. Perchè gli uomini insegnano loro la malizia.
Orazio. Per altro, se non fossero gli uomini, sarebbero innocentissime.
Vittoria. Senza dubbio.
Orazio. E noi saremmo innocenti, se non foste voialtre donne.
Vittoria. Eh, galeotti maledetti!
Orazio. Eh, streghe indiavolate!
Vittoria. Orsù, cosa facciamo? Si prova o non si prova?
Orazio. Mancano ancora le signore donne, l’Arlecchino e il Brighella.
SCENA VI.
Anselmo e detti.
Anselmo. Brighella l’è qua per servirla.
Orazio. Oh bravo.
Anselmo. Son sta fin adesso a discorrer con un poeta.
- ↑ Bett.: furba.