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IL TEATRO COMICO 25

Orazio. Fatemi un piacere; fino a tanto che i nostri carissimi compagni ci favoriscano di venire, cantatemi una canzonetta.

Tonino. Dopo che ho studia tre ore, volè che canta? Compatirne, no ve posso servir.

Orazio. Già siamo soli, nessuno ci sente.

Tonino. In verità, che no posso. Un’altra volta ve servirò.

Orazio. Fatemi questo piacere. Bramo di sentire se state bene di voce.

Tonino. E se stago ben, me voleu fursi far cantar in teatro?

Orazio. Perchè no?

Tonino. Voleu che ve la diga? Mi fazzo da Pantalon e no da musico, e se avesse volesto far da musico, no gh’averia l’incomodo della barbaa. (parte)

SCENA V.

Orazio, poi Vittoria.

Orazio. Dice così, ma è compiacente. Se farà di bisogno, son certo ch’ei canterà.

Vittoria. Riverisco il signor Orazio.

Orazio. Oh, signora Vittoria, vi sono schiavo: voi siete delle più diligenti.

Vittoria. Io faccio sempre volentieri il mio debito, e che ciò sia la verità, osservate: siccome la parte, che mi è toccata nella commedia che oggi si prova, è lunga un dito, ne ho presa un’altra in mano, e la vado studiando.

Orazio. Bravissima, così mi piace. Di che commedia è la parte che avete in mano?

Vittoria. Questa è la parte di Catte nella Putta onorata.

Orazio. Ah ah! vi piace quel caratterino di pelarinab?

Vittoria. Sulla scena sì, ma fuori della scena no.

Orazio. Eh! o poco, o molto, le donne pelano sempre.

Vittoria. Una volta pelavano, ma adesso son finiti i pollastri.

  1. Qui il popolo spettatore, battendo replicatamente le mani, ha fatto cantare il personaggio, tale essendo stato il fine preveduto dall’Autore.
  2. Termine lombardo, con cui si appellano quelle donne che domandano con facilità.