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interpretata dal Collalto. Peccato che la stampa del Bettinelli non ci abbia salvato delle due copie della Bott. del caffè, a cui accenna il Medebach nella lettera all’editore premessa al tomo IV, quella veneziana. Così andò perduta più di un’arguzia nel dialogo, e parte del colorito.

Lo stesso autore nell’avvertenza ci ricorda l’Arlecchino e il Brighella cambiati, come sospetto, nei personaggi di Trappola e di Ridolfo. Brighella-Ridolfo! Sembrano a prima vista due figure inconciliabili, ma grazie a Giuseppe Marliani (v. pag. 86) il Brighella goldoniano si è convertito alla virtù non meno di Pantalone; è diventato un galantuomo nell’Erede fortunata, diventa un eroe d’onestà nell’Adulatore, e può aver fatto il maestro di morale nella Bottega del caffè. Che il suo nome si trovi stampato per isbaglio in testa alla sc. 2, A. I, dell’ed. Bettinelli, in luogo di Ridolfo, conta poco: ma vero è che nel regno delle maschere grandi rivoluzioni si compiono, sì che a stento riconosciamo gli antichi signori della folle Corte. — Doveva inoltre esprimersi nel suo dialetto Vittoria, e fors’anche Lisaura, la ballerina (v. l’Autore a chi legge).

In questa commedia la scena è fissa, come già nella Donna di garbo, ma più ampia, come a Napoli nei macchinosi aborti del Barone di Liveri (M. Ortiz, La cultura del G., in G. Stor. d. lett. it., 1906, vol. XLVIII, p. 107), come qualche volta nel vecchio teatro dell’Arte, quantunque non sia duplice o simultanea. «Collettive» o «d’ambiente» chiamò l’autore tali commedie nella pref. alle Avventure della villeggiatura, ricordando pure il Teatro comico. Il Fagiuoli nell’ultime scene del Cicisbeo erasi intimidito subito: invece i personaggi del Goldoni parlano con vivacità indiavolata dalla strada e dalle finestre; e l’angolo remoto della calle si riempie in fine di voci, che s’incrociano e si confondono, per mettere alla berlina il maldicente spione. Quel tumulto improvviso, che il maestro creatore suscita e calma via via con docile potenza, lo ritroveremo in altre calli, in altri campielli gloriosi, e in un paese intero, dove un popolo semplice ama, infuria, si placa come il suo mare.

Strana commedia la Bottega del caffè, sovraccarica di elementi caduchi, piena di ingenuità e di inverosimiglianze, che offesero Giuseppe Baretti (Frusta Lett., n. XIV, 15 apr. 1764) e ogni spirito ribelle alle seduzioni dell’arte primitiva: eppure ben accetta al pubblico dei teatri, e popolare anche oggi in Italia. Per tutto l’Ottocento si possono seguire le recite in questa o. in quella città: ricorderemo in principio del secolo le compagnie Toffoloni, Romagnoli, Venier, poi quelle di Luigi Duse e di Angelo Moro-Lin. Di recente fu anche applaudita in dialetto napoletano. Il Maddalena conosce una traduzione tedesca, una spagnola e una greca. Ernesto Masi la ristampò dall’ed. Pasquali nella Scelta di comm. di C. Q. cit. (Firenze, 1897, t. I) e vi appose un’ottima introduzione e qualche buona nota. Altri ne parlarono con lode, Raffaello Nocchi (Comm. scelte di C. G., Firenze, Le Monnier, 1856), il Klein (Geschich e des Drama’s cit., VI. 1, 1868), il Rabany (C. G. cit. Paris, 1896: «C’est comme un tableau de Canaletto... L’impression gènèrale est d’une vivacitè singulière; aussi cette pièce est-elle encore aujourd’hui l’une des plus populaires de G.» ), il Maddalena (insistendo sui difetti: Giuoco e giocatori nel teatro di G., Vienna, 1898, p. 37 segg.) ecc.: ma anche la critica puntigliosa e miope del Baretti trovò approvazione (Landau, Gesch. der ital. Litt. im 18 Jahrhundert, Berlin, 1899, p. 423).