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282 ATTO TERZO


stono? Briccone! Villanaccio! A me? A me?) (da sè, sempre passeggiando) Caffè. -(siede)

Trappola. Subito. (va a prendere il caffè, e glielo porta)

Ridolfo. Illustrissimo, ho bisogno della sua protezione.

Don Marzio. Che c’è, biscacciere?

Pandolfo. C’è del male.

Don Marzio. Che male c’è? Confidami, che t’aiuterò.

Ridolfo. Sappia, signore, che ci sono dei maligni invidiosi, che non vorrebbero veder bene ai poveri uomini. Vedono che io m’ingegno onoratamente per mantenere con decoro la mia famiglia, e questi bricconi mi hanno dato una querela di baro di carte.

Don Marzio. Bricconi! Un galantuomo della tua sorta! Come l’hai saputo? (ironico)

Ridolfo. Me l’ha detto un amico. Mi confido però che non hanno prove, perchè nella mia bottega praticano tutti galantuomini, e niuno può dir male di me.

Don Marzio. Oh, s’io avessi da esaminarmi contro di te, ne so delle belle della tua abilità.

Ridolfo. Caro illustrissimo, per amor del cielo, la non mi rovini; mi raccomando alla sua carità, alla sua protezione, per le mie povere creature.

Don Marzio. Via, sì, t’assisterò, ti proteggerò. Lascia fare a me. Ma bada bene. Carte segnate ne hai in bottega?

Ridolfo. Io non le segno... Ma qualche giuocatore si diletta...

Don Marzio. Presto, abbruciale subito. Io non parlo.

Ridolfo. Ho paura non aver tempo per abbruciarle.

Don Marzio. Nascondile.

Ridolfo. Vado in bottega e le nascondo subito.

Don Marzio. Dove le vuoi nascondere?

Ridolfo. Ho un luogo segreto sotto le travature, che nè anche il diavolo le ritrova. (entra in bottega del giuoco)

Don Marzio. Va1, che sei un gran furbo2!

  1. Bett., Pap. ecc.: Va là.
  2. Bett., Pap. ecc.: farabutto.