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LA BOTTEGA DEL CAFFÈ 263

Don Marzio. Lasciate ch’io veda la carta geografica, e poi vi dirò per l’appunto dove avevano a andare.

Leandro. (Oh che bel pazzo!) (da sè)

Don Marzio. Siete stato all’opera?

Leandro. Signor sì.

Don Marzio. Vi piace?

Leandro. Assai.

Don Marzio. Siete di cattivo gusto.

Leandro. Pazienza.

Don Marzio. Di che paese siete?

Leandro. Di Torino.

Don Marzio. Brutta città.

Leandro. Anzi passa per una delle belle d’Italia.

Don Marzio. Io sono napolitano. Vedi Napoli e poi muori.

Leandro. Vi darei la risposta del Veneziano1.

Don Marzio. Avete tabacco?

Leandro. Eccolo. (gli apre la scatola)

Don Marzio. Oh che cattivo tabacco!

Leandro. A me piace così.

Don Marzio. Non ve n’intendete. Il vero tabacco è il rapè.

Leandro. A me piace il tabacco di Spagna.

Don Marzio. Il tabacco di Spagna è una porcheria.

Leandro. Ed io dico che è il miglior tabacco che si possa prendere.

Don Marzio. Come! A me volete insegnare che cos’è tabacco? Io ne faccio, ne faccio fare, ne compro di qua, ne compro di là. So quel che è questo, so quel che è quello. Rapè, rapè, vuol essere rapè. (gridando forte)

Leandro. (Forte ancor esso) Signor sì, rapè, rapè, è vero; il miglior tabacco è il rapè.

Don Marzio. Signor no. Il miglior tabacco non è sempre il rapè. Bisogna distinguere; non sapete quel che2 vi dite.

  1. Bett., Pap. ecc. aggiungono: ma il cuor lavora.
  2. Bett.: cosa.